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Aradori: "Sì a format chiuso ma il basket non sparisca dai media per 6 mesi"
22 apr 2020 17:57Basket
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il noto cestista italiano Pietro Aradori, ala piccola della Fortitudo Bologna, ha parlato in diretta ai microfoni di Stadio Aperto, trasmissione in onda sulle web frequenze di TMW Radio: "Al netto di una situazione che non se ne può più, sto bene. Sono qui a Bologna, aspettando di vedere la luce in fondo al tunnel".

Come sta andando la raccolta fondi da lei lanciata per gli Spedali Civili di Brescia, sua città natale? "L'ho conclusa e ho fatto arrivare tutti i soldi, visto che ne avevano bisogno ora che è sceso un po' il picco. Abbiamo raccolto 11mila euro, e volevo aiutare quell'ospedale, in cui sono nato io nell'88".

Come ha preso lo stop del basket? "Sono uno sportivo ma anche un cittadino: prima dello sport, voglio solo tornare ad avere un po' di vita normale e della libertà che ci meritiamo, di cui abbiamo bisogno. Poi vedremo quando riprendere, credo sia stata corretta la scelta di fermare il campionato, magari potevamo aspettare un attimo e non essere tra i primi a comunicarlo, ma la scelta è giusta: andare in ritiro, hotel, tamponi... Significa che qualcosa non va, e senza tifosi non è corretto giocare. A livello economico le porte chiuse sarebbero un bel problema per tante squadre, e vediamo anche nel calcio che stanno facendo salti mortali per avere i diritti tv. Anche nella pallacanestro è così. Da qui all'inizio della prossima stagione ne passeranno di mesi, speriamo che si possa risolvere qualcosa. In questo momento però vorrei solo uscire di casa senza rischiare ogni volta una multa".

Cosa immagina in cuor suo per il futuro? "La situazione è particolare, a febbraio si sentivano dire gli esperti che non saremo stati colpiti, e poi siamo chiusi da due mesi in casa. Non credo più a nessuno, aspetto voci ufficiali, ma spero che si possa tornare a giocare a porte aperte, con i tifosi distanziati se non sarà stato superato questo virus".

Che idea si è fatto del calcio? "La pallacanestro non è considerata: ora ci fermiamo 6-7 mesi ma non è che dobbiamo sparire dai giornali. Dopo calcio e credo ciclismo, il basket è lo sport più praticato in Italia e bisogna dargli risalto. In ballo nel calcio ci sono tantissimi soldi, tira l'acqua al suo mulino. Non saprei... spero solo il paese torni a vivere". Ci racconta la sua quotidianità? "Sono single e passo le giornate da solo. Sono incapace a cucinare, quindi finita questa quarantena sarò carico ma non so quanti punti farò, è un mese e mezzo che non tocco una palla (ride, ndr)!".

Più probabile giocare a ottobre col pubblico o vederla nella Nazionale alle prossime Olimpiadi? "Prima cosa bisogna qualificarsi alle Olimpiadi, ma adesso come adesso è più facile che sia ottobre, ma a porte aperte".

Si parla di ridurre le squadre. "Da una situazione così grave, che ha stravolto una stagione, possiamo rinascere con dei cambiamenti che possono essere la riduzione delle squadre di A, e farvi accedere solo chi ha garanzie economiche alle spalle. So che va in controtendenza con la cultura sportiva europea, ma sarebbe ideale fare una lega chiusa, senza retrocessioni, così premi il merito. In A2 ci sono realtà in grande difficoltà. Così alzeremmo il livello e di questo c'è bisogno".

L'idea di ridurre gli italiani obbligatori? "Da un po' vengono stranieri non di altissimo livello. Sembriamo avviarci a un modello americano, e credo che questa cosa del mercato sempre aperto non aiuti... Si va verso tanti stranieri che vengono per poco tempo, e se non piacciono poi vanno via subito". Come ci si allena a casa? "Faccio cose di palestra, per sudare e mantenere alto il battito cardiaco".

Qual è una novità del vivere in casa? "Le varie cose casalinghe: cucinare, stendere, però non ho stirato... Non esageriamo".

In The Last Dance ci si è soffermati troppo sull'aspetto del doping? "Qualcuno ha fatto titoli per attirare l'attenzione, ma che in NBA fino all'85 non ci fossero controlli anti-doping lo si sapeva già. Poi hanno iniziato a ripulire la lega e dare un'immagine migliora. Qualsiasi cosa venga detta da Jordan ha risonanza enorme ma si sapeva benissimo".

A che livello sono le infrastrutture? "C'è tanto seguito in Italia, e tutte le nostre strutture sono veramente antiche. Vai in Lettonia, Lituania, Belgio e ci mangiano in testa. Mia madre insegna in una scuola, e anche quelle sono vecchie e non all'avanguardia: questo ovviamente si riflette anche nello sport".

Si dovrebbe ripartire da quelle? "Adesso la vedo dura, ma indubbiamente se vuoi avere una base solida, attirare la gente ancora di più... I tifosi vengono lo stesso, ma immaginatevi se ci fossero i giusti servizi".

La prima cosa che vorrebbe fare una volta finito tutto? "Beh, vado a Ibiza (ride, ndr). No, scherzo... Barba e capelli dal parrucchiere".

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Pietro Aradori, ala Fortitudo Bologna, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini © registrazione di TMW Radio